Il disarmo bilaterale dei valori

1- La tendenza smodata a semplificare e distribuire pettorine porta a schierare metà degli italiani nel team “Dio, patria e famiglia” e l’altra metà tra gli anti (clericali, capitalisti ecc). Ma dei valori trasversali che mettono d’accordo tutti o quasi, esistono ancora?
I valori trasversali non sono coltivati nemmeno da coloro che dovrebbero davvero rappresentare l’inclusione ecumenica, come la Chiesa. Viviamo in una società fortemente polarizzata che trova il suo punto d’incontro nel disarmo bilaterale dei valori e nell’orizzonte pratico e cinico della società dei consumi . Una società dovrebbe riconoscere un terreno comune di valori condivisi e uno spazio distinto di valori divisivi, senza rinunciare né agli uni né agli altri.

2- E tra i giovani – che qualche anno fa in un suo scritto definiva “Generazione Farfalla” per la loro inquietudine e volatilità – quali valori nuovi vede germogliare e quali vecchi vede rinnegare?
Mi spiace e preferisco attribuirlo alla mia lontananza anagrafica ma non mi pare di scorgere valori nuovi o antichi tra i giovani; semmai prevale una svalorizzazione programmata, generale e spontanea, ed un primato egoriferito al proprio guscio individuale, alle proprie fragilità e preferenze. Gli unici linguaggi universali con cui comunicano derivano dalla tecnologia e dall’economia, più il lessico bollito di frasi preconfezionate e parole d’obbligo. Poi ci sono le eccezioni, le sparute e “valorose” minoranze.

3- Risalendo alla sorgente della crisi valoriale si scopre quella educativa. Cosa si è smarrito su questo fronte e come si può riportare la scuola a essere il laboratorio centrale del futuro del Paese?
Si è smarrito soprattutto il significato originario dell’educazione, sparita dal nostro vocabolario ma anche dalle nostre pratiche di vita. Educare è inteso come una violenza, una costrizione, una violazione dei diritti e dell’autodeterminazione dei soggetti, minori inclusi. La scuola, come la famiglia, ha largamente abdicato a questo compito, salvo maldestri tentativi di ammaestrare ideologicamente gli studenti. Senza educazione la scuola è superflua, ridotta a luogo d’intrattenimento e dí socializzazione, imitazione pallida e tardiva della società o al più corso d’istruzione.

4- Inclusione, integrazione, rispetto delle diversità sono un mantra lessicale che penetra in ogni ganglio del tessuto economico e sociale. Nella sostanza invece, di quali cambiamenti di rilievo si sta (o non si sta) accorgendo?
A parte la chiacchiera quotidiana che è la crosta ipocrita del nostro vivere, i cambiamenti riguardano due mondi opposti: la mutazione sempre più rapida degli assetti tecnologici e la solitudine sempre più problematica delle persone, fino a far coincidere l’ interiorità con la fragilità e la depressione. Manca il mondo di mezzo, la vita, il reale, la natura, che non è la sua contraffazione ideologica nota cone ambiente, green, ecc; le relazioni vere che non sono semplicemente i contatti. Forse altri cambiamenti insondabili stanno avvenendo ma sfuggono all’occhio esterno, vedremo gli effetti o la loro emersione.

5- Meloni da noi, Von der Leyen e Lagarde in Europa sono esempi di donne potenti che incidono e decidono. Quali tratti connotano la loro leadership e, che dice, conviene insistere su questa – parole sue – svolta ginecocratica?
L’irruzione delle donne in politica con ruoli di comando a me sembra un fatto complessivamente positivo, anche se non so fino a che punto sia una crescita delle figure femminili e da che punto sia un declino delle figure maschili. Ma lascio stare il genere nel valutare i politici e preferisco attenermi a quel che dicono e fanno, indipendentemente se siano maschi o femmine. Lasciamo da parte ogni pregiudizio. Ho l’impressione che la politica tenderà ad essere sempre più attività femminile.
6- Circa tre anni fa scriveva “Se non si parte dal merito, non si riparte” e nel giro di pochi mesi gli è stato co-intitolato persino un Ministero. Basterà per favorire l’emersione e la cultura del talento o serve altro?
Figuriamoci. Il merito non è riconosciuto da nessuna parte o meglio il merito è l’eccezione e non la regola. Non è riconosciuto il valore, il merito, la capacità; sono criteri di giudizio nella migliore delle ipotesi secondari e aggiuntivi rispetto ad altri determinati dal genere, la collocazione, l’affiliazione politica o tribale e l’appartenenza a una categoria protetta. D’altronde in una società che scinde i diritti dai doveri, è più difficile attendersi che sia la giustizia, a ciascuno il suo, il criterio principale di selezione e attribuzione .


(Intervista di Giacomo Govoni per l’Osservatorio sul merito, Golfarelli editore)

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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