Quel che fu e quel che resta di Mani Pulite

Il 17 febbraio di trent’anni fa un ciclone politico-giudiziario sconvolse l’Italia. Fu chiamato Mani Pulite e fu un terremoto più che una rivoluzione, non generò la Seconda Repubblica ma delegittimò e dilaniò la Prima. Come spiegare quello scossone fino a poco prima impensabile del ceto giudiziario che azzanna il ceto politico, con cui per decenni aveva prevalso un tacito patto di mutuo sostegno?

La spiegazione più evidente e più lontana fu che era caduto il Muro di Berlino, non c’erano più da proteggere le classi dirigenti che avevano garantito, con qualche doppiogioco, la permanenza dell’Italia nel quadro occidentale, l’alleanza atlantica. Vero, ma ci sono due eventi più ravvicinati che si allineano come pianeti con Mani Pulite, due eventi che precedono e seguono lo scatenarsi dell’inchiesta giudiziaria: uno, il Trattato di Maastricht firmato dieci giorni prima in cui l’Italia prefigurava di cedere quote di sovranità per realizzare l’Europa tramite la moneta e l’economia; l’altro, la privatizzazione di una parte cospicua del sistema economico italiano, sancita simbolicamente in quel che accadde pochi mesi dopo, in giugno, sullo Yatch Britannia, che batteva bandiera di Sua Maestà. A quell’incontro parteciparono o concorsero tutti i maggiorenti del ceto dirigente italiano a cavallo tra finanza, banca d’Italia, economia e parastato: Ciampi e Draghi, Carli e Andreatta, Prodi e Monti, Amato e altri. Vi risparmio i loro prestigiosi curricula e i legami con le grandi banche d’affari e le agenzie internazionali, perché solo citarle fa scattare l’accusa di complottismo. Ne pubblicai per primo la storia su l’Italia settimanale, nel 1993. Su quell’inchiesta Michele Rallo fece quattro interrogazioni parlamentari con Antonio Parlato e Mario Landolfi, e ricostruì la storia ne “La crociera del Britannia” (non fu più ricandidato da Fini).

Trovo insensato parlare di complotti o congiure, mi limito solo a osservare la coincidenza cronologica e l’interazione tra questi eventi, allineati nel giro di quattro mesi. Diciamo che ci fu una convergenza di fattori, una concomitanza; si innescò una reazione a catena.

Cosa uscì da quella triplice storia? La delegittimazione della politica nei suoi governi, la distruzione del Psi a partire dal suo Capo, Bettino Craxi e di gran parte della Dc (salvo il ramo sinistro e tecno-politico), la crisi del primato della politica e della sovranità popolare e nazionale, l’avvento di governi a guida tecnica: i nomi di Dini, Maccanico, Ciampi, Prodi, Amato, Monti, fino a Draghi costituiscono una precisa linea euro-tecnocratica e finanziaria.

In questo quadro generale il centro-sinistra a guida (P)Ds, diventò l’agente e la sponda politica di questo mutato contesto. I meno omogenei furono fatti fuori anche in ambito economico (un nome: Fazio).

Sul piano politico, invece, Mani pulite s’intrecciò o produsse uno scossone che ebbe il suo epicentro nella Dc. I referendum di Mario Segni, la Rete di Orlando, il Piccone di Cossiga produssero un’implosione della Dc e del sistema solare che girava intorno. Da cui si salvò la linea catto-dem che confluì a sinistra (Ulivo, Margherita, Pd). È difficile comprovare l’esistenza di un piano prestabilito, ma si può dire che quel “piano” deviò grazie ad alcuni fattori imprevisti: la variabile impazzita di Cossiga, l’arrivo in politica dell’ospite inatteso Berlusconi, l’alleanza tra cani e gatti (fu la nostra definizione quando non era ancora realizzata), cioè tra leghisti e missini, confederati da Berlusconi. E il crescere di un’area popolare e nazionale di protesta che poi diventò il centro-destra. Questa ondata non si pose contro Mani pulite ma nel suo solco. Poi montò il garantismo a partire dall’area berlusconiana; ma in quel tempo il giustizialismo caratterizzava la destra missina, la Lega, l’effetto Piccone. Mani pulite portava alla luce il marcio effettivo della corruzione politica, ma produceva questi risultati: colpiva un versante della politica e ne risparmiava un altro, quello sinistro, che aveva un altro genere d’intreccio nel finanziamento della politica; esaltava il protagonismo dei magistrati, la loro supplenza della politica, con alcune carriere giudiziarie sfociate nella politica con esiti negativi per il Paese; indeboliva la sovranità politica, popolare e nazionale.

Colpendo la corruzione politica si premiava l’antipolitica, e apparve un ceto di antipolitici incapaci a sostituire le vecchie volpi della prima repubblica. A volte i cretini onesti, ammesso poi che restino onesti quando vanno al potere, fanno più danni dei corrotti capaci, ammesso che fossero davvero capaci.

In positivo, il terremoto di Mani Pulite, ruppe i compartimenti stagni, rianimò la voglia di cambiamento nel Paese, rimise in gioco le forze politiche outsider (come l’Msi e la Lega), creò le condizioni per un sistema politico bipolare di vera alternanza. Sulla “moralizzazione” della politica, invece, Mani Pulite produsse effetti a breve raggio: il malaffare riprese presto a fiorire, non più legandosi alla struttura partito. Paradossalmente Mani Pulite colpì più di tutti il politico della Prima repubblica che più voleva superare il bipolarismo malato Dc-Pci che vigeva da decenni e auspicava una svolta riformatrice, fino a sostenere il passaggio a una Seconda repubblica di tipo presidenziale. Ma Craxi era ormai inviso anche agli Usa e alla grande finanza, reclamava il primato della politica. Ma è vero che il Psi fosse viziato dal malaffare.

I grillini furono l’ultimo effetto di quella rivoluzione innescata trent’anni fa. Anzi il penultimo, se si considera che viviamo nell’era draghiana. L’antipolitica degli incompetenti ha generato l’invocazione antipolitica degli eurocrati, che rispondono ad altre priorità e altri poteri. Alla fine le mani pulite si sporcarono e il potere si separò dalla sovranità politica, nazionale e popolare. Dalle manette ai ladri alla cappa su tutti.

MV, La Verità (16 febbraio 2022)

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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