Non togliete la gobba a Leopardi

Abbiate rispetto per la vita, il corpo e l’anima di Giacomo Leopardi, non pugnalatelo alle spalle, sulla sua schiena gobba, non mostratelo diverso da come fu realmente per renderlo più accessibile ai gusti del pubblico presente. Alla Mostra del Cinema di Venezia è stata presentata in anteprima la miniserie in due puntate che andrà in onda il prossimo dicembre su Rai Uno dedicata a “Leopardi il poeta dell’infinito”. La novità maggiore che si annuncia in questo film di Sergio Rubini è che Leopardi non avrà la gobba e sarà sorridente. Un Leopardi dunque radicalmente diverso da come lo abbiamo finora conosciuto e rappresentato. Questa volta non sarà un caso di politically correct perché corretto, più che il linguaggio, sarà l’aspetto fisico del poeta. Un invisibile busto correttivo mostrerà un Leopardi liberato dai suoi tratti psicofisici più tristi: l’ infelicità e la schiena curva, la colonna vertebrale deformata. E il suo sorriso che racchiudeva tutta l’amarezza di essere al mondo viene tradotto in un’immagine ridente, se non addirittura allegra.
Secondo Rubini, quel che conta è lo sguardo di Leopardi sul mondo, dunque la sua visione e i suoi frutti letterari, e non il suo aspetto fisico o la sua vita realmente vissuta, con tutte le dolorose vicissitudini che l’hanno accompagnata nel suo breve arco biografico, che non arrivò nemmeno a quarant’anni. Il Leopardi in versione Rubini sarà comunque un incompreso nel suo tempo, come è stato realmente; ma rischia di essere ancor più incompreso nel nostro tempo se si ritiene di poter cancellare un aspetto che purtroppo ebbe un peso determinante nella sua vita, nella sua opera e nella sua visione del mondo, riflettendosi sulla sua lirica e sulla sua filosofia. Se togliete a Leopardi la gobba gli togliete la poesia; togliendogli il tormento e la sofferenza per quel suo aspetto e il riflesso determinante che ebbe nello svolgimento della sua esistenza infelice, gli togliete la molla che lo condusse alla poesia e alla sua concezione tragica della vita e dell’universo. La gobba fu il segno della sua diversità, l’impedimento maggiore alla sua pienezza di vita, l’antefatto fisico alla sua dolente metafisica. E con la sua bruttezza, la sua salute cagionevole, la sua bassa statura concorse a rendere impossibili i suoi desideri, gli amori che gli furono negati, le donne che non ricambiarono il suo ardore, la derisione nei salotti e nelle strade, dei ragazzi e della gente, a Recanati, il “natìo borgo selvaggio”, come a Napoli, dove veniva proprio per la sua gibbosità, motteggiato come “scartellato”, “ranavuottolo”. Leopardi sarà interpretato da Leonardo Maltese; Valentina Cervi e Alessio Boni saranno i suoi genitori. A differenza del “giovane favoloso”, il film dedicato a Leopardi dieci anni fa da Mario Martone, non sarà Napoli lo sfondo preminente del racconto, ma Recanati, le Marche e altre località come Mantova, il Piemonte e la Puglia, dove Leopardi non è mai stato (ma Rubini è pugliese e lì c’è la film commission Apulia).
A dir la verità Rubini, che pensava già 25 anni fa con lo scrittore Domenico Starnone, di realizzare un film su Leopardi, non sembra aver dato una lettura unilaterale o ideologicamente corretta del poeta. Riconosce nelle interviste per il debutto del film, che Leopardi fu tirato da tutte le parti, rivendicato a destra come a sinistra, considerato un apostolo del Risorgimento, un convertito alla fede in punto di morte, un pensatore progressista (lui che aveva più volte ironizzato sulle “magnifiche sorti e progressive”), se non addirittura un seguace e precursore del materialismo e di Gramsci, che gli somigliò fisicamente per la malformazione toracica e la bassa statura.
In realtà, nota Rubini, Leopardi nasce come poeta patriottico, ama il passato e il mondo classico, diffida della nascente società delle macchine, è critico verso la politica e la società letteraria del suo tempo, prende le distanze dai circoli progressisti e illuministi. Non è un filosofo per le masse, ma un singolo, che vive e patisce la singolarità ma riconosce nella solitudine il destino universale, acuito nell’esperienza del poeta. Nel tentativo di rendere Leopardi più accessibile ai gusti del nostro tempo, e rendere pop il suo pensiero poetante, rischiamo di perdere le ragioni profonde della sua infelicità, delle sue disillusioni e delle sofferenze infertegli dalla vita e dal suo aspetto fisico. Non riusciremmo a capire nulla di Leopardi, incluso quel naufragio nel nulla in cui sfocia la sua poesia, se non intrecciassimo il suo corpo, le sue sconfitte e umiliazioni ai suoi pensieri, alle sue liriche e ai suoi canti disperati. Certo, il suo pessimismo era cosmico e non solo personale, e si annodava a quella passione vitale che ha accompagnato i suoi cupi pensieri, e che Rubini definisce, un po’ forzando, vitalismo. Il suo fu un desiderio frustrato di vita e di vitalità, di gioia e di piaceri; e non mancò il suo sguardo ironico sul mondo, esplorando perfino i lati comici della vita, che Rubini evidenzia forse oltremisura per renderlo più appetibile allo spettatore d’oggi.
Resta, è vero, il suo umanesimo, anche se costeggia un radicale esito antiumano: ma quella rivendicazione dell’umanità rispetto alla Natura matrigna mostra ancora una disperata fiducia nell’animo e nella mente umana, nella cultura e nella civiltà. E in quelle necessarie illusioni in cui si rifugia la vita per trovare conforto e ragioni per andare avanti, nonostante la morte, la gobba e il nulla.

(Panorama n.37)

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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