L’epoca del trash in politica
Dall’inizio dell’anno l’evento politico più importante che ha diviso media, politici, opposizione e governo, è un pistolino che ha sparato, inteso sia come arma che come persona. Se n’è parlato per giorni. L’episodio in sé non meriterebbe commento se non si inserisse in una lunga scia di dibattiti, talk show, conferenze stampa, interventi parlamentari e dichiarazioni su risvolti banali, episodi trascurabili, pettegolezzi, parole rubate o commenti filtrati nei social, piccole stupidità di piccoli esponenti politici elevati a categoria della politica, spie di una condizione generale, prove di chissà quale svolta autoritaria. Ogni caso privato, individuale e singolare, viene elevato a paradigma ed esempio rappresentativo. Disastro nazionale fu considerato per esempio la fermata straordinaria di un treno per consentire a un ministro di partecipare a una manifestazione pubblica. Minima sciocchezza a cui è stato dato Massimo Rilievo, quasi fosse il segno di un’epoca e la nascita di un regime.
Mi rifiuto di inseguire questa miserabile contabilità e di partecipare a quei dibattiti sul nulla; osservo che siamo entrati nell’età politica del trash. Il trash inteso come immondizia, avanzi indecenti della politica e della comunicazione.
Qualche anno fa serpeggiava il kitsch, il cattivo gusto, su cui scrissero mirabili pamphlet Hermann Broch e Gillo Dorfles; e di cui si occupò pure Milan Kundera. Eravamo ancora in uno stadio estetico, seppur deteriore; il trash è il passo ancora più in basso, nel volgare e nel banale. Il trash tracima e trascina verso il basso anche coloro che non ne sono veicoli.
Diego Fusaro ha scritto un libro efficace intitolandolo Sinistrash (ed. Piemme), cogliendo in pieno da studioso di sinistra la deriva trascista della sinistra. Non è per cavalleria ma sento il dovere di aggiungere che il dominio del trash è in realtà trasversale: siamo nell’età politica del trash. E il tenore di quei dibattiti prima accennati ne è la spia. Non c’è solo la sinistrash o la destrash ma c’è anche il trash-show, gradino ulteriore del talk show; c’è la comunicazione trash, che copre i vuoti lasciati dalla cultura, dalle idee, dalle analisi. Ci sono gli influencer trash, anche se dettano le mode, e si potrebbe a lungo continuare.
Il trash è il rifiuto organico di quel che un tempo erano i temi e i valori politici. Anche del comunismo e del fascismo restano solo i cassonetti del trash o se volete le loro parodie; trash per esempio è l’Anpi senza fascismo e senza partigiani veri; è come se a destra rifondassero oggi l’opera nazionale combattenti e reduci, in assenza di guerre e milizie al fronte. Cinquant’anni fa Pasolini giudicava l’antifascismo postumo come “ingenuo o stupido, pretestuoso e in malafede; perché dà battaglia o finge di dar battaglia a un fenomeno morto e sepolto”, “un antifascismo di tutto comodo e riposo”.
Per Fusaro la sinistrash ha abbandonato la sua identità sociale e socialista, la sua critica al capitalismo e la sua difesa dei deboli, dei poveri, del popolo, per diventare fucsia, arcobaleno; insegue le nuove soggettività, tra migranti, verdi, lgbt; ravana tra gli avanzi del sessantotto libertario e permissivo, su sesso, droga e narcisismo; dimentica il noi comunitario e ogni prospettiva ideale; mette il rossetto a Che Guevara, diventa il braccio politico del capitalismo e del pensiero unico. Si trincera dietro un morto sepolto, il fascismo, che eleva a nemico assoluto; segue nella sua demofobia il neoliberismo e ne diventa la guardia bianca o il maggiordomo. Analisi da condividere, soprattutto in tempo della cappa. Pochi si rendono conto della deriva a sinistra; tra questi Fusaro cita Luca Ricolfi, Federico Rampini e pochi altri, e altri rari casi cita sul versante destro. Nel passato si richiama a Pierpaolo Pasolini e a Costanzo Preve, ma anche ad Augusto del Noce e più di recente ad Alain de Benoist.
Pochi anche tra coloro che mantengono uno spirito critico su posizioni liberali; tra i rari casi è giusto citare Dino Cofrancesco che nel suo recente Per un liberalismo comunitario (ed. La Vela) critica l’individualismo liberista che giudica “l’identitarismo il peccato mortale del nostro tempo” e dissente dall’”assolutismo etico” che ispira la cancel culture nel nome del neoilluminismo, applicando l’inaccettabile “principio della retroattività in fatto di morale”. Cofrancesco oppone all’uguaglianza il pluralismo delle differenze, e avverte: il conservatorismo negato riemerge in forme barbariche. Notevole anche un’osservazione che andrebbe approfondita: “le destre hanno perso la partita in occidente, non in altre parti del mondo”.
Secondo Fusaro la sinistra è passata da Marx a Nietzsche; in realtà sembra passata, insieme con la sua epoca, all’ultimo uomo nietzscheano, abdicando verso il transumano nella prospettiva dell’intelligenza artificiale. Ma l’orizzonte, lo ripetiamo, è epocale e non solo riservato alla sinistra; anche se il woke, il politically correct e la cancel culture albergano in prevalenza a sinistra. Nelle società autoritarie, notava Spengler citato da Fusaro, “non era permesso a nessuno di pensare liberamente; ora sarebbe permesso ma nessuno ne è più capace”, pensa ciò che viene prescritto di pensare. Il trash è liberista in economia, centrista in politica e di sinistra in tema di costume e ideologia. Esecra il populismo, detesta la sovranità, rigetta ogni fedeltà identitaria, disconosce ogni tradizione e ogni legame naturale e sociale. Non riconosce più eroi, santi o grandi ma venera solo le vittime, o presunte tali, fino a fondare una religione del vittimismo universale, di genere e di categoria (vittimista a suo modo è anche la destra).
Fusaro confida in una “nuova connessione sentimentale” con le masse nazionali-popolari e non disdegna l’ipotesi di un populismo socialista. Lui è giovane e ha il diritto e il dovere di confidare nella storia ventura. Lo stadio trash, però, non è reversibile, è difficile immaginare che i rifiuti possano tornare integri e vivi; si può aspirare al più al compostaggio… Ma la storia, la vita, il mondo riservano sorprese, l’uomo a volte è imprevedibile. E talvolta nei rifiuti si ritrova pure un neonato abbandonato…