La tecnodestra è un falso allarme

Si scrive tecnodestra, si legge tecnobestia. È il nuovo mostro evocato quotidianamente dall’ufficio stampa e propaganda della sinistra ideologica, e concentra in sé la Reazione e il Progresso, il Fascismo e il Capitalismo, in una centrifuga di cavoli a merenda. L’unico riferimento concreto è Elon Musk ma la categoria è usata per indicare l’intera Destra Occidentale, a partire da quella meloniana e per svelarne il Male Oscuro. In realtà, non ci sono legami tra la tecnica e la destra di governo. Non vedo tecnocapitalisti al fianco di Meloni, non scorgo strategie governative e linee di questo tipo. L’unico segno, simbolico, è di tipo artistico: la mostra sul futurismo, che fu un tentativo di mettere insieme arte, tecnologia e politica. Ma non mi sembra di ravvisare tendenze di questo tipo nella politica presente né – che so – seguaci di Ernst Junger e di altri “modernisti reazionari” alla guida del Paese e della sua “modernizzazione”. C’è solo Musk, diventato la bestia nera del pianeta. È superfluo aggiungere che se le stesse cose annunciate da Musk alla destra di Trump le avesse pronunciate alla sinistra dei dem, sarebbero salutate come progresso per l’umanità e per il pianeta. Ma non perdiamoci nella polemica miserella e risaliamo al tema vero, il rapporto tra tecnologia e politica.

Non so i regimi autoritari e totalitari asiatici ma a Occidente la politica è in pauroso ritardo sull’accelerazione inquietante della tecnologia, non sta al suo passo, non vede le sue rapide implicazioni. Mentre il nobel Geoffrey Hinton, uno dei padri dell’Intelligenza artificiale, denuncia che la velocità con cui si sviluppa l’AI rischia di provocare nel giro di trent’anni l’estinzione dell’umanità, alla politica non sembra che la cosa la riguardi; non se ne prende cura. Oggi il rischio principale del mondo proviene dalla tecnologia e dal suo mancato controllo, anche nel senso degli errori; e la politica è disattenta, sguarnita, indifesa. Il suo problema è armare l’Ucraina e non occuparsi di questa vera emergenza globale.

Naturalmente il modo di occuparsi della tecnica non è solo quello di metterle un freno e imporre dei limiti, che già sarebbe una santa cosa. Ma di governarla, pilotarla, promuoverla quando è il caso, filtrarla e orientarla in altri, e in alcuni sviluppi fermarla. E invece non ci sono cabine di regia. Musk è il primo tecnocapitalista e impresario del futuro che se ne occupa. E non solo: non vende fuffa ideologico-utopistica, è un imprenditore concreto, che potrebbe dare risposte più efficaci dei tanti piagnoni planetari sul clima e la terra in pericolo.

Dall’altra parte, però, Musk non è solo un ardimentoso navigatore dello spazio, dell’auto elettrica e di progetti per migliorare l’umanità. È anche un pericoloso cultore della libertà di modificare l’uomo tramite la tecnologia per renderlo più longevo, bionico, tecno-mutante, fin dentro il cervello. Coltiva il sogno di un’immortalità o amortalità dell’uomo – o meglio di alcuni uomini, intrepidi e ricchi, che possono permetterselo, magari come avanguardia dell’umanità – e non si affida a nessun credo religioso o spirituale ma all’uso della tecnica e all’individualismo capitalista. Sfida i limiti della condizione umana, i limiti della natura e del suo ordine, è percorso dalla malattia del mondo moderno che Nietzsche sintetizzò in una formula: la Volontà di potenza. A questo scopo nel suo Impero dispone di due strumenti, Neuralink e OpenAI: la prima si occupa di neurotecnologie e d’immissione di chip correttivi nel cervello; la seconda, invece, vuol dirigere l’intelligenza artificiale ed espanderne i confini. Stabiliti i mezzi, bisogna rendere palesi gli scopi, cioè le motivazioni di fondo. Se servono a espandere la volontà di potenza o a inseguire il sogno d’immortalità, rientrano in quel titanismo prometeico-faustiano che si affaccia nella storia dell’umanità e che può produrre benefici e malefici, ma espandendosi all’infinito, non rispondendo a nulla se non alla volontà di potenza dell’Io Assoluto, genera catastrofi senza ritorno. Se vogliamo sintetizzare in una parola il pericolo in questione, chiamiamolo transumanesimo. Termine coniato da Teilhard de Chardin alla fine degli anni ’40, ripreso da Julian Huxley, ispirato a Pico della Mirandola, si pone il traguardo di trascendere la natura umana. Il programma di base era già stato descritto quattro secoli fa da Bacone ne la Nuova Atlantide: prolungare la vita, tardare la vecchiaia, restituire la giovinezza, curare malattie e dolore, modificare la statura, il peso, le capacità intellettuali; trasformare i corpi, potenziare i piaceri, inventare nuovi materiali, usare i trapianti, accelerare o rallentare il tempo. Scienza, magia e stregoneria si mescolano, così come legittime aspirazioni umane e benefici rimedi lasciano il campo a una radicale negazione dei limiti umani e naturali, e a una sostituzione del divino, poi dell’umano, infine del vivente. Oggi il più seguito profeta di questi scenari è Yuval Noah Harari, che vuol sostituire l’homo sapiens con l’homo deus, alla ricerca dell’immortalità e della felicità.

In un saggio sul transumanesimo nel volume collettaneo ispirato a Renè Guénon Nel regno della quantità, Mario Della Volta descrive il cammino di questa post-ideologia scientista o post-religione filosofica: dal golem, creatura artificiale tratta da materia inanimata, all’esaltazione dell’io, “antitesi di ogni cammino spirituale e di ogni via Tradizionale”, all’insegna della contraffazione e del predominio dell’artificiale sul naturale.

Due vie si distinguono nel progetto transumanista (a volte contiguo al lungotermismo, di cui scrivemmo mesi fa): quella di un’immortalità corporale, nel senso che gli organi logorati o malati vengono di volta in volta cambiati, in modo da rigenerare il corpo; o quella di un’immortalità “digitale”, nel senso di trasferire in altri corpi, in altre macchine, il chip della coscienza, modificata e riprodotta, in modo che l’io resti sempre lo stesso, con la sua autopercezione, ma mutando continuamente i corpi, gli involucri in cui si incarna. Quesiti aggiunti: a chi sarebbe consentita questa immortalità, solo a chi dispone di mezzi economici oltre che tecnici? E cosa sarebbe questa immortalità individuale se tutto il mondo intorno, compreso quello a noi apparteniamo, finisce? Ci toccherà scegliere se essere mutanti transmortali o fedeli alla mortalità? Sono desideri di onnipotenza fuori dall’umano che stridono coi nostri limiti umani e naturali, i nostri sentimenti, la nostra sfera affettiva, il nostro sapere, vivere e amare. Si dovrebbe conoscere prima di trasformare, capire prima di mutare, ma nessuno ci pensa. Torno alla realtà e alla politica e chiedo: chi è al potere si rende conto di questa sfida, sta facendo qualcosa? Come regolarsi con Musk, evitando di dargli via libera o all’opposto demonizzarlo? Sono questi i temi veri, non il teatrino dell’assurdo chiamato tecnodestra.

La Verità – 7 gennaio 2025

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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