​La chiamata alle armi degli scrittori contro il regime​

La Fuffa di Francoforte. Prevedibile, scontata. Gli eroici intellettuali sfidano il regime meloniano per la fiera internazionale del libro nel prossimo ottobre e lanciano un grido franco e forte contro gli oppressori che da due anni stanno facendo scempio della libertà e li perseguitano. Lo gridano in un’occasione internazionale, ideale per mettere in cattiva luce l’Italia meloniana e per lanciare l’allarme sul grave pericolo fascista che si profila in Europa. Prendendo lo spunto dal caso Saviano, non invitato a Francoforte dal suo editore, il documento – firmato finora da un collettivo di 41 scrittori – recita che quell’incidente “non è isolato ma si inscrive in una sequenza di prevaricazioni, di forma e gravità diverse, alle quali assistiamo negli ultimi due anni e delle quai spesso siamo l’oggetto, eventi singoli che mostrano una volontà di ingerenza sempre più soffocante della politica negli spazi della cultura. Tale ingerenza si esplica non solo nell’occupazione sistematica di ogni ruolo decisionale nella cultura secondo criteri di fedeltà politica, ma anche in forme più o meno esplicite di censura, in attacchi personali volti al discredito e in un uso spregiudicato delle querele ai danni di scrittori, giornalisti e intellettuali da parte di chi occupa posizioni di potere”. La lettera esprime preoccupazione per la democrazia e per l’Europa e per ciò che può capitare in altri paesi europei per quella disgrazia inevitabile che si chiamano elezioni e per quella insopportabile intrusione che si chiama volontà del popolo sovrano, con la sua eversiva inclinazione a destra, manifestata in Francia e altrove. Incidentalmente, la lettera contiene una sola osservazione plausibile: chiede più confronti in fiera tra scrittori italiani e stranieri e meno duetti inter nos. Il resto è delirio e pregiudizio. Noto con divertimento che la vertenza in corso del Comitato Scrittori Perseguitati somiglia maledettamente alle lotte dei vituperati tassisti, contrari alla concorrenza di Uber e a rilasciare nuove licenze. In fondo è la stessa difesa corporativa…
Da settimane pensavo di non partecipare alla kermesse di Francoforte, come non ho voluto partecipare al Salone del libro di Torino. Due eventi a cui sotto il potere della sinistra sulla cultura italiana non sono stato invitato per decenni. Ma è un’esclusione ben più vasta a cui ho fatto ormai il callo e che non ho mai denunciato, alla Saviano, con annessa sceneggiata e relativo coro di prefiche al seguito. Nonostante abbia scritto una quarantina di libri, con editori di primo piano, svariate ristampe e non pochi lettori, mi è negato il permesso di soggiorno culturale. La cosa curiosa è che quando si fa a sinistra la conta degli intellettuali e della cultura di destra, mi citano per dire che eccetto lui o rari altri non ce ne sono di autori. Ma poi, anche quell’unica o rara bestia è stata esclusa da ogni fiera, kermesse, premio, evento istituzionale passato dalle mani del loro patronato o padrinato. Ora, invitati in massa a Francoforte dal commissario Mauro Mazza del governo Meloni, strillano per esclusioni e censure inesistenti, dimenticando quelle effettive del passato su cui hanno sempre taciuto e acconsentito.
Francesco Merlo osserva giustamente su la Repubblica che quando si parla di intellettuali e autori di destra, si fanno da tempo immemorabile sempre gli stessi nomi, il mio e quello di altri tre o quattro; ma vorrei far notare che non diversa è la situazione dei nomi più rappresentativi della sinistra culturale: da 40 anni e più, sono sempre gli stessi, filosofi e storici ormai ottantenni.
Avevo già scritto sabato mattina il messaggio di non partecipare a Francoforte, ma ho pensato di non infierire nel week end e di mandarlo il lunedì. Il giorno dopo, domenica, mi è arrivata la lettera firmata da Paolo Giordano di cui ho riassunto e citato i passi salienti. A questo punto la prima tentazione è stata quella di partecipare all’evento. Ma siccome non amo decidere seguendo i riflessi condizionati e poiché da decenni ballo da solo, scrivo e denuncio in solitudine, e resto solo nelle epurazioni e nelle esclusioni – senza il sostegno, l’adesione, la difesa o la denuncia di nessuno – ho deciso comunque di non andarci e di sottrarmi a questa partita tra nominati di destra e vittime presunte di sinistra, non appartenendo per scelta a nessuna delle due squadre. Esperienze remote del passato mi hanno ormai vaccinato.
Ho mandato il mio messaggio di rinuncia a Francoforte mentre visitavo la casa-museo di Antonio Gramsci a Ghilarza. Ho lasciato una dedica sul libro degli ospiti, rendendo onore al piccolo gigante del pensiero italiano. Ne riconosco la grandezza senza compiacere tramite lui la casta intellettuale presente e le sue teorie, come invece usano certe puttanelle intellettuali; grande è stato il suo tributo alla cultura e grandi sono stati i suoi danni ideologici con i suoi giudizi manichei. Tra i suoi danni c’è l’egemonia culturale, che di fatto subordinava la cultura alla politica, la verità alla rivoluzione comunista, la realtà allo schema ideologico, più la presunzione di detenere la ragione e la supremazia per diritto divino.
Se fosse vera la denuncia di Francoforte sarebbe l’applicazione coerente del gramscismo, dunque una giusta ritorsione contro chi l’ha praticata a lungo. Ma non è così: la destra non ha la vocazione, la voglia, la strategia, il coraggio e la capacità per esercitare una controegemonia, non ha nemmeno i “ranghi” per poterla imporre né per sostituire un ceto di impiegati di concetto e di funzionari organici con altri della propria parrocchia. In più deve vedersela con l’innato individualismo degli scrittori e intellettuali “di destra”. Deve perciò giocare per indole e necessità una partita diversa rispetto a quella gramsciana: allargare il pluralismo, puntare sulla qualità, garantire il ricambio, la circolazione delle élites e abbattere ogni pretesa egemonica. Di fatto cerca faticosamente un compromesso, fa di tutto per compiacerli, spalanca loro le porte. Ciònonostante prende legnate, riceve accuse di regime, insulti e sberleffi… Abbiamo trasmesso la millesima puntata del finto noir Dei relitti e delle pene

La Verità – 26 giugno 2024

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  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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