Indulgenza per i politici, lontananza dalla politica
Quando vedo Giorgia Meloni piccola in mezzo ai grandi, che li guarda dal basso in alto con i suoi occhioni da fiaba, mi sembra di vedere lo spot della nipotina che dice alla nonna, come Cappuccetto rosso, “Nonna, che telefono grande che hai”. E la Nonna, che nel caso della Meloni potrebbe essere Biden e ora Trump, la moglie di Macron o Mattarella, le risponde con simpatia. La Meloni, come la bambina dello spot di Brondi chi parla?, è ormai amica del Lupo ed è benvoluta tra le Vecchie Glorie del Pianeta, versione aggiornata delle Vecchie Zie di Longanesi. Pure Trump la considera ricca di energia. In ogni foto istituzionale è sempre lei la mascotte, gli altri sono tutti giganti al suo cospetto. Loro, i papaveri son alti alti alti, e lei, è piccolina e ondeggia a mezz’altezza con la sua chioma bionda.
Si fa valere, Giorgia, tra i Grandi, guida in Europa il governo più stabile, si muove a suo agio a livello internazionale, si è conquistata uno spazio e poi – ripetono tutti, come se stesse facendo un Erasmus – parla bene le lingue e perciò entra subito e direttamente in confidenza. Inoltre ha una bella risata, ti guarda con una faccia che istiga all’amicizia persino i capi di stato più riluttanti e austeri. Ma non solo. Quando la vedi, la ascolti, a parte l’inflessione romanesca e l’imitazione di Crozza, hai l’impressione che dica cose veraci, che parli il linguaggio della realtà. Magari è quello che Theodor Adorno chiamava “il gergo dell’autenticità” che secondo il filosofo francofortese è il culto fittizio dell’esperienza genuina, cioè simula il “parla come magna”. Per Adorno il gergo dell’autenticità era quello usato da Martin Heidegger, da lui accusato – ma guarda il caso – di criptofascismo nostalgico; ed è curioso pensare che il filosofo forse più incomprensibile di tutti i tempi sia accusato di parlare un linguaggio pseudo-pop e finto verace.
Ma alla Meloni quel gergo le viene naturale; e comunque il suo linguaggio pur chiaro e realista, non è mai ottuso e banale; sa essere pure efficace. E poi suscita simpatia, e lo dico non solo a titolo personale ma dopo aver sentito off records alcuni suoi nemici ammettere che, sì, la Meloni si rapporta bene al mondo e ha una vivace comunicativa, una carica di simpatia non solo perché sembra la piccola nel paese dei giganti, o per restare nei cartoon, Trilli campanellino nel paese di Peter Pan. Qui prescindo dal giudizio politico, dal bilancio effettivo del suo governo e dalla domanda se con lei al governo c’è davvero un cambio di passo oppure no. Sto dando un giudizio impolitico, umano, estetico e ludico.
Non per par condicio, per finta equidistanza o addirittura per cerchibottismo, ma vi confesso una cosa che troverete un raccapricciante segno di demenza: da qualche tempo osservo con indulgenza e perfino con un filo di paterna benevolenza le apparizioni in video di Elly Schlein. Non riesco a trovare mezzo motivo per essere d’accordo con lei, ed è stato davvero avvilente il suo lungo silenzio sul caso Stellantis, col tentativo finale di buttarla contro il governo quando in quel caso mi pareva evidente che le colpe erano tutte della dinastia Fu-Fiat e del loro cinismo finanziario acchiappasoldi e ammazzalavoratori; come ha invece espresso con ammirevole chiarezza Carlo Calenda (un altro elogio inatteso, direte, ma questo si è bevuto il cervello) che ha inchiodato gli Elkann alle loro responsabilità, nonostante la sua amicizia giovanile con Lapo. Pur non essendo mai d’accordo con la Schlein nutro da qualche tempo un filo di comprensione per i suoi sforzi di passare dalla supercazzola radical-chic alla politica, alle cose vere, ai temi della sanità e del lavoro, non potendo lei divergere dal governo sui temi economici e strategici, militari e internazionali in cui sono allineati. Ho scoperto questa vena di tenerezza nei suoi confronti quando mi è giunto un breve video di lei su TikTok, in cui diceva solo Buongiorno con un volto equino (ma era colpa dell’inquadratura). Non capivo il senso del video ma poi è apparso un cartello esplicativo: “No, niente, volevo solo rovinarti la giornata”. Ma poverina, perché questa cattiveria somatica o somarica?
Potrei continuare da ecumenico e parlarvi bene di Giuseppe Conte, che so, di Bonelli, e di tutti gli altri, incluso addirittura Mattarella. Perfino Renzi, di professione maligno, alla fine è un fiorentino spiritoso, con una faccia da jolly e un cuore da lampredotto. Voi direte, ma cos’è questo buonismo di fine anno? Se non è una degenerazione cerebrale, è una tempesta glicemica di bontà natalizia? Sarà una malattia senile, sarà un virus natalizio, ma non è solo questo. È che non riesco più a vedere la politica nostrana come il luogo in cui si distinguono i “noi” dai “loro”, in cui si decidono davvero i destini del mondo e della nostra vita; da qui il distacco nel giudicare. Anzi tendo a vedere le cose e perfino i politici con occhio non più politico. Chi ha colto perfettamente questa situazione è Giampiero Mughini, con cui raramente sono stato d’accordo per mezzo secolo, ma stavolta l’avrei abbracciato non solo per amicizia antica. Mughini ha detto la cosa giusta: “Tutte le cose che amiamo stanno fuori dai partiti e dalle loro traversie, i bei libri, la bella musica, il bel cinema, gli oggetti di design più avvincenti, gli indumenti che amiamo indossare, gli amici con cui passare la serata. La politica dei partiti non conta più niente nelle vite che ci siamo scelti di vivere, non racconta più niente del Paese in cui viviamo, dei problemi con cui i vostri figli dovranno fare i conti”. Parole sante. La politica non decide, non divide, non intercetta più i temi reali della vita, e nemmeno i temi ideali, non coglie le profondità, le differenze e le vastità, le grandi questioni del presente e del futuro e nemmeno – aggiungo io – le identità e le appartenenze. Lo scenario internazionale risponde solo a logiche di potenza e di convenienza, rapporti di forza. Quando sento le ridicole filastrocche dei politici ai tg che raccontano gli uni degli italiani massacrati dal governo Meloni e gli altri dell’Italia che vola da quando ci sono loro al comando, mi dico: ma di cosa parlano, qui non ci sono né massacri né trionfi, si va avanti più o meno come prima. Preferisco questi, ma non esageriamo.
Da qui l’idea di osservare la politica con occhio impolitico, e distaccato. E di notare gli occhioni della Meloni e la dentatura della Schlein, senza più badare a dove guardano e cosa dicono.
La Verità – 11 dicembre 2024