Imbarcare la Meloni conviene a loro più che a lei
Ha avuto ragione Giorgia Meloni a chiedere più rispetto per l’Italia e per il popolo sovrano che alle ultime elezioni ha premiato in quasi tutta Europa il vento nazional-sovranista (a parte la voragine spopulista del non-voto). Non si può far finta che niente sia successo nelle urne e non si può escludere uno dei soci fondatori dell’Unione Europea, qual è l’Italia; tanto più ora che frana l’asse franco-tedesco su cui ha retto per anni il consorzio europeo. E, al di là delle reali intenzioni e di ogni possibile ipocrisia, è apprezzabile che lo abbia sostenuto anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella. Mentre la sinistra politica e mediatica ha giocato ancora una volta contro l’Italia pur di danneggiare il governo Meloni.
A prescindere da come si concluderà definitivamente la vicenda possiamo dire che la vertenza ha messo in gioco l’ambiguità costitutiva dell’Unione Europea. Se l’Europa è prima di tutto un’Unione che mette insieme gli Stati nazionali, allora dovrebbe prevalere il criterio che qualunque sia il governo nei singoli paesi non si può escludere un socio fondatore dal governo europeo, solo perché a guidarlo c’è una forza di destra rispetto al centro-sinistra che comanda nella UE.
Se invece l’Europa è prima di tutto un soggetto politico in cui la linea è frutto di una direzione politica maggioritaria nel Parlamento Europeo, allora è inevitabile che sia marcata la distinzione tra maggioranza e opposizione; e dunque è normale che la Meloni formi un cartello di opposizione, che in tutto può raccogliere, tra gruppi e sparsi, oltre duecento euro-parlamentari. Ai fini dell’incidenza pratica era preferibile per l’Italia la prima ipotesi; ai fini del consenso politico era preferibile per la Meloni la seconda ipotesi, nell’attesa di quel che succederà in Francia. In entrambi i casi il governo Meloni aveva e ha da perdere e da guadagnarci, su piani diversi.
Ma proviamo a guardare le cose con gli occhi dell’Europa. Il voto ha dimostrato una larga disaffezione degli europei all’Unione: la maggioranza assoluta non va nemmeno a votare, e i restanti che sono andati a votare hanno premiato le forze di opposizione contro l’establishment eurocratico. Se fossi nei panni dell’Alleanza Ursula, anziché arroccarmi nella maggioranza popolare-socialista-liberale, avrei tentato la strada opposta, di allargare il più possibile la maggioranza, coinvolgendo nel “governo” europeo più forze possibili; per legittimare e rafforzare il più possibile il governo europeo, per coinvolgere quanti più governi nazionali e partiti, per indebolire il più possibile le opposizioni coinvolgendole nel governo. E la giustificazione sarebbe proprio l’adozione di un modello di governo europeo fondato sull’unione tra i governi degli stati nazionali, piuttosto che un muro contro muro politico-ideologico tra maggioranza e opposizione. Modello consociativo, moroteismo applicato all’Europa? Può darsi, ma la giustificazione in questo caso sarebbe più plausibile: non si tratta di convogliare partiti antagonisti in una stessa coalizione, sul tipo dei nostrani inciuci o ammucchiate; ma di tener conto degli Stati nazionali e dei governi legittimamente in carica, espressione del voto popolare. Insomma, all’Europa conviene, per la propria legittimazione, sopravvivenza e stabilità, neutralizzare il più possibile le differenze politiche, sociali e culturali e costituire “governi di cittadinanza” in cui ciascun Paese abbia un ruolo proporzionato alla sua importanza storica, demografica, socio-economica, internazionale. Non so invece se alla Meloni e al suo governo convenga di più star dentro questa alleanza o starne fuori, ma sarei tentato di dire che per lei sia meglio starne fuori e poi negoziare, di volta in volta, come fanno le opposizioni che contano, le singole scelte della Commissione europea e degli altri organi istituzionali.
All’Unione europea, e alla maggioranza Ursula conviene invece coinvolgere il più possibile quanti più Stati, governi e partiti, perché è così impopolare, ha una così fragile e malvista legittimazione ed ha necessità di trovare sostegni e dimostrare che rispetta le volontà espresse dal popolo sovrano.
L’atteggiamento più idiota, letteralmente idiota, è di chi nella sinistra interna e internazionale ha tuonato per tenere fuori l’Italia e la Meloni, in quanto “fasciste”, estremiste, antieuropeiste. E di scartarla nella raccolta differenziata, insieme a Orbàn e Le Pen.
Una scelta livorosa ma sterile, anzi masochista, che più allarga il fossato tra gli europei e l’UE. In queste condizioni il compromesso nuoce alla Meloni, almeno sul piano politico, ma sommando i pro e i contro giova al governo europeo. Però non c’è nessuna figura autorevole, almeno tra gli “statisti” nazionali ed europei in grado di portare avanti questa strategia; qualcuno si è mosso tra i popolari, ma senza la forza e il carisma per far prevalere l’interesse generale comune.
Infine, postilla a suo modo divertente: l’imbarazzo della Meloni è stato anche l’imbarazzo della Schlein, che da italiana doveva augurarsi una maggiore considerazione per l’Italia, a prescindere da chi è al governo, e pure da europea doveva augurarsi che la commissione europea si rafforzasse con un’alleanza più ampia, coinvolgendo anche chi la contesta. Ma da piddina ha tifato contro l’Italia e contro l’Europa degli Stati, augurandosi che il suo partito fosse nell’euromaggioranza mentre la Meloni e il suo governo fossero fuori. Del resto sarebbe ridicolo pensare – ma è già accaduto in passato al tempo di Prodi e Berlusconi – che Giorgia ed Elly, nemiche in patria, possano diventare giocoforza alleate in Europa, a sostenere Ursula.
In conclusione, sintetizzo brutalmente quel che ho argomentato: allargarsi all’Italia e al governo Meloni conveniva e conviene all’Europa e all’eurogoverno più che alla Meloni e alla destra.
La Verità – 28 giugno 2024