Fico della Mirandola
Magari sarà un buon presidente. Magari è un bravo ragazzo. Però uno come Roberto Fico presidente della Camera parte coi peggiori requisiti. Culturali, professionali, politici, ideologici. Uno che come titolo di studio è laureato in canzone neomelodica napoletana, e non nel senso che almeno cantava e si guadagnava da vivere per strada o tra i tavoli del bar passando col piattino; ma, peggio, studiava i cantanti napoletani, studiava la fenomenologia di Mario Merola. Studioso non di Machiavelli o Beccaria ma di Gigi d’Alessio e Nino d’Angelo. Un genio dal sapere enciclopedico. Fico della Mirandola.
Uno che fino a quarant’anni, cioè fino a che non vinse la ruota della fortuna coi 5 stelle non aveva arte né parte ma si arrangiava tra hotel, ufficistampa, vendeva tessuti marocchini e roba varia. Uno che rappresenta l’ala più grillina dei grillini, fanatico dell’Ideologia di Grillology. Però, uè, ha rinunciato all’indennità aggiuntiva e all’autoblu, dunque è un eroe e martire della Causa.
Ma soprattutto Fico è stato celebrato dai media come uno che rappresenta l’ala sinistra del Movimento. E infatti rimastica il vecchio egualitarismo e l’antico pauperismo, è ovviamente nemico, anche per fatto personale, della meritocrazia; è totalmente appiattito sul politically correct anche in temi bioetici e ha subito sbandierato, insediandosi a Montecitorio, la sua continuità antifascista con la Boldrina. Insomma uno che rappresenta non solo il movimentismo extraparlamentare ed extraterrestre dei 5 Stelle in versione radical-pop, ma la sinistra d’asporto, di strada, di rete e di utopia, senza il realismo politico della sinistra più scafata, da Bersani e D’Alema a Minniti. Se questa è la sinistra, a questo punto dateci Marco Rizzo, comunista senza peli e senza indugi.
Peggio della sinistra c’è solo la sinistra in formato grillino.
Quando si è profilata l’alleanza 5Stelle-Lega, su la Repubblica, Francesco Merlo ha pianto con la caduta della sinistra la fine della cultura al governo. Nella stessa pagina accanto al suo pezzo, figurava la seguente notizia rassicurante: prima di andarsene la sinistra aveva compiuto un atto simbolico e culturale di grande significato, aveva votato alla presidenza del Senato il ministro uscente della pubblica istruzione, Fedeli. Si proprio lei, quella senza laurea e senza grammatica alla guida della scuola. Se è la firma di chiusura della sinistra di governo è il segno del suo analfabetismo militante. E fa ridere pensare che il fascismo barbaro e ignorante affidò la scuola a Giovanni Gentile e la sinistra colta e civile invece lasciò la scuola alla Fedeli…
Comunque non si preoccupi, la Repubblica, la cultura della Fedeli sarà degnamente continuata dal presidente grillocomunista Fico, così come la grammatica della medesima sarà continuata dal grillomutante Di Maio. Il duo napoletano garantirà un fedele trapasso di consegne. Qual è il filo conduttore culturale tra le due sinistre nel loro viaggio dalla Fedeli a Fico? L’ignoranza è una virtù. È la convinzione egualitaria e sessantottina che l’ignoranza sia sinonimo di purezza, di incontaminata virtù, di vicinanza al popolo versione auditel, ignorantitel. Niente studio, tutto è creatività. Niente mediazioni, tutto è immediato, diretto.
Fu quella l’impronta sessantottina della nuova sinistra, dove arroganza e ignoranza fecero rima. Ed è questa l’impronta casaleggesca del grillismo, il buon selvaggio che va al potere, in democrazia diretta, streaming. Vox populi vox reti.
Però noi confidiamo nelle sorprese, nelle conversioni, negli imprevisti, perfino in quella legge della storia che i filosofi chiamavano eterogenesi dei fini (ossia accade che alcune intenzioni di partenza vengano poi deviate nelle loro realizzazioni e diano luogo a esiti diversi se non capovolti). Chissà che il Fico non maturi.
MV, Il Tempo 27 marzo 2018