Come comportarsi con la fasciosfera

La fasciosfera è un’abbronzatura ideologica che appena applicata rende subito neri. Dopo aver pazientemente ricostruito i frammenti scrotali dei testicoli, frantumati da quel permanente grido di dolore sul fascismo tornante – neo, nazi e putiniano – resta il problema della profilassi: come sopravvivere all’annuncio quotidiano che la colpa di ogni male è del fascismo e di chi ne fa le veci, come ripararsi dall’attacco quotidiano sulla fasciosfera; come comportarsi, soprattutto chi è al governo? Vi prospettiamo brevemente un campionario di ipotesi estreme, o estremamente prudenti. E furbe.
La prima ipotesi è superare in allarme gli allarmisti di professione. Alzare i toni dell’allarme in modo esagerato, asserire che il fascismo è la rovina del mondo, la causa di tutti i mali passati presenti e futuri, anche climatici, e l’antifascismo è la sola salvezza dell’universo. Non attenersi ai comandi impartiti ed eseguire il numero del rimorso come scimmie ammaestrate, ma andare oltre, portarlo agli eccessi; invocare guerre, pestilenze e carcere per chiunque sia in vago odore di fasciosfera. Spiazzare i predicatori quotidiani di fascismo alle porte, accusandoli di essere troppo morbidi, segretamente conniventi con il Male, comunque inefficaci. 
La seconda ipotesi è opposta, tapparsi le orecchie come Ulisse con le Sirene, far finta di niente, ignorare il grido permanente, lavorare sodo, lasciarsi assorbire interamente dai problemi del giorno. Tutto scivola, anche l’accusa di silenzio-assenso o di mancata condivisione dell’allarme costituzionale. Tirare diritto, con alacre indifferenza, gran pelo sullo stomaco, sordità da statisti all’opera. Visto che ogni ammissione di colpa non è mai sufficiente, tanto vale non concedere più nulla, non parlarne più, cucirsi la bocca, darsi al mutismo istituzionale. Del totem fatene un tabù. 
Cercando una via di mezzo tra le due vie estreme, si può tentare una furba mediazione, la volpina terza via. Ovvero, affrontare i problemi di oggi, dedicarsi completamente a questi, ignorare le polemiche e le questioni derivate; ma ogni tanto intercalare il discorso con una frase fuori contesto del tipo: Morte ai fascisti, Viva l’antifascismo, il fascismo fa schifo. E poi riprendere tranquillamente il discorso. 
Più difficile anche se esaltante sarebbe la quarta via epica con finale eroico, che poi sarebbe un modo per morire politicamente in piedi, sulla breccia, in piena coerenza ideale. Ovvero la linea che si attesta a difendere le ragioni e le passioni dei vinti, quanti credettero e pagarono di persona, sulla pelle propria e non sulla pelle altrui. E a ricordare accanto ai crimini e misfatti, le opere buone e le grandi realizzazioni, i grandi uomini, il gran consenso di popolo e internazionale. La storia non ammette salti ma continua, nel bene e nel male. Finirebbero subito alla brace i suddetti eroi e martiri, ma sarebbe un finale in bellezza, piuttosto che essere insultati ogni giorno, infine silurati e cacciati dal governo, senza l’onore delle armi, nonostante tutti i salamelecchi effettuati, i colpi incassati in silenzio, gli ossequi tributati, veri o finti che siano.
Certo, in un paese civile, la via migliore sarebbe un’altra ancora: ragionare, saper distinguere, capire le responsabilità, stimolare alla ricerca storica e alla revisione, studiare e avviare strategie culturali adeguate, paragonare le epoche, i regimi totalitari, i crimini e i consensi; sforzarsi di dire la verità, o perlomeno quella che ci appare tale, nella piena facoltà mentale e in assoluta buona fede. E ricredersi quando è giusto, difendere le idee proprie e altrui quando è sacrosanto farlo, attenersi alla realtà dei fatti, alle certezze della storia e alle evidenze innegabili. Ma per far questo ci vuole un clima adatto, gente onesta, interlocutori ragionevoli e dall’altro versante persone capaci di argomentare e controbattere in modo documentato, avendo letto qualche libro. E invece mancano tutte queste condizioni.
Noi ci abbiamo provato per decenni, ma ora siamo stanchi, non ci va più di farlo, l’età avanza, la situazione si aggrava di anno in anno, non vogliamo più ripeterci invano, la sordità all’analisi è globale, il disprezzo è pregiudiziale; ci sentiamo tristemente soli a farlo. La demenza marcia al passo della malafede, ambedue diffuse, senza efficaci resistenze; e ad aprire le danze sono sempre i Massimi Vertici che è vietato biasimare.
Per questa stanchezza sopraggiunta unita alla frantumazione dei suddetti, alla nausea di vivere nel regno falso dei media che questo articolo è più breve del solito; avremmo da dire tantissimo; ma non lo vogliamo più. Cantami o diva del pelide Achille… Parliamo d’altro, o  facciamone la parodia.

La Verità – 7 agosto 2024

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  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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