Abbiamo sette vite, spendiamole bene

A causa di un incidente annuale, di natura personale e universale, chiamato compleanno, ho avuto di recente brevi conversazioni e scambi di messaggi sulla vita che passa e il suo senso. È un incidente inevitabile, il compleanno, ma non compierlo è decisamente peggio, come ben sappiamo. Più gli anni passano e più s’impreca con gratitudine… Pur nella sua banale contabilità è un’occasione nella fuga dei giorni e degli anni per ripensare la vita e il suo destino.
Ogni uomo dispone di sette vite ma non sono quelle proverbiali che si attribuiscono ai gatti e che vengono una dopo l’altra. Le vite a cui mi riferisco sono simultanee e insieme formano la nostra esistenza; sono i sette raggi che formano la ruota dell’esistenza. Le sette vite davanti a noi sono nell’ordine: la vita corporale, la vita naturale, la vita lavorativa, la vita affettiva, la vita sociale, la vita intellettuale, la vita spirituale.
La vita corporale è la vita biologica per antonomasia, base elementare per vivere. La vita come bisogno, come salute, come fame, sete, sesso, sensi. Vita necessaria ma non sufficiente se siamo uomini e non bruti. Strettamente connessa alla vita corporale ma con uno sguardo fuori di sé è la vita naturale, immessi nel mondo, a partire da ciò che ci circonda. La natura come terra, cielo, mare, campagna, pietre, piante, animali e sole, vento, pioggia. La natura è il nostro habitat e insieme il nostro limite, l’ordine primario in cui siamo inseriti; la natura è tutto quel che non nasce da noi ma di cui pure abbiamo bisogno.
La vita lavorativa è invece la vita attiva in cui ci procacciamo da vivere, che ci nobilita nello sforzo, ci rende proficui, utili agli altri e che plasma le circostanze. La vita lavorativa è la vita come dovere e come diritto, la vita che ci impegna a dare per ricevere, la vita come fatica e nei casi migliori come piacere di realizzarsi.
Connessa alla vita lavorativa è la vita sociale, ossia la relazione con gli altri, a partire dai compaesani o concittadini, ovvero i conterranei, i compatrioti, e per altri versi i contemporanei. La vita di relazione è da un verso la dimensione interpersonale di scambio in cui la sfera privata interagisce con la sfera pubblica; e dall’altro dimensione comunitaria, quando cioè la società non è semplicemente uno stare insieme, avere spazi e interessi comuni, ma è anche un sentirsi parte di uno stesso gruppo, partecipare a un’identità comune, un’origine e un orizzonte condiviso; se la società è un ambito neutro e freddo, la comunità è un insieme caldo, riferito a comuni valori o principi; sfera naturale, selettiva ed elettiva di appartenenza.
La vita affettiva segna il passaggio decisivo verso la cura degli altri; è lo slancio che nasce dal sentimento e ci proietta fuori di noi, a partire da chi avvertiamo come più vicino e dunque più caro: i genitori, i figli, i fratelli, in generale i famigliari, la persona amata, gli amici. Una vita priva di affetti è una vita dimezzata, svuotata di energie e di emozioni. Nella vita affettiva l’amore si fa legame, attenzione e premura verso persone di cui senti la gioia della presenza e il piacere della loro prossimità; o di cui avverti il vuoto, la mancanza, quando sono assenti o perduti.
La vita intellettuale è propriamente la vita interiore, o la vita della mente; non attiene solo a chi svolge un’attività intellettuale ma in varia misura e profondità a tutti gli esseri pensanti. La vita della mente è la vita interiore, dei pensieri e della memoria, dei ricordi e delle aspettative, che fa tesoro delle esperienze e delle eredità; è la vita della coscienza, la vita che riflette, intuisce, crede, si orienta sulla base di principi, valori, modelli, senso critico.
Infine, strettamente connessa alle due vite precedenti, è la vita spirituale che è poi il faro dell’esistenza, il punto di osservazione più alto che scruta lontano, illumina nel buio, indica la rotta e consente i ritorni. La vita spirituale è la vita dell’anima, il punto di raccolta del sentimento e del pensiero in una sintesi superiore che si affaccia oltre la morte; è il punto supremo della nostra vita e al tempo stesso il ponte per trascenderla, cioè per andare oltre la dimensione personale dell’esistenza.
Le sette vite insieme costituiscono l’intera nostra vita; nessuna singola dimensione basta alla vita: ciascuna ha bisogno dell’altra, anzi ognuna ha bisogno di tutte le altre vite per compiersi e per sviluppare organicamente la vita armoniosa. Ci sono sfere di vita necessarie, altre importanti o significative; ma nessuna da sola è sufficiente. Se a una vita manca qualcuna delle sette vite è monca, carente; quando la mancanza riguarda le dimensioni più alte è una vita insensata, che cade nel vuoto.
Una parte crescente di queste sette vite rischia di atrofizzarsi per il disuso o il vivere ottuso. È il pericolo estremo della nostra vita e coincide con la disumanizzazione o la sostituzione dell’umano.
Necessario è tener vivi dentro di noi la percezione della realtà, il senso di appartenenza alla natura, il senso attivo della relazione col mondo a partire da chi ci è più vicino; i legami affettivi e lavorativi, sociali e comunitari, il senso della civiltà, dell’umanità e della responsabilità; la vita del cuore e della mente.
Insomma possiamo cercare di mettere a frutto quel banale anniversario che è il compleanno per compiere un check-up (o forse un check-in) alla nostra vita nei suoi sette raggi, verificando che siano tutti attivi, non inerti. E unire l’origine al destino, compiendo il cerchio dell’esistenza.

(Panorama n.12)

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  • L'ultimo libro di Marcello Veneziani

    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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