Un Paese in retromarcia

Sono riusciti a rendere serie le cose ridicole e a ridicolizzare le cose serie. Dico i media, la Boldrini, Fiano, Sala, Renzi e compagnia cantante. Sono riusciti a ritenere un pericolo per la democrazia qualche bischerata da spiaggia, il mercatino web sul fascismo, il vintage e perfino i vini, le battute, i busti del duce.

E in questo modo sono riusciti a ridicolizzare e sputtanare, le istituzioni, le leggi, oltre che il fascismo storico e l’antifascismo storico, che furono cose serie.

Bel risultato, complimenti. Ed è bastato un tweet infelice del deputato Corsaro contro Fiano, il firmatario della legge fasciofoba per far dire: visto, avevamo ragione, ci vuole la legge.

Come se ci volessero leggi speciali per punire le battute infami. Lo “scritto Corsaro” dimostra che una legge liberticida avvelena gli animi e oscura le menti.

Proviamo a fare un bilancio di questa grottesca polemica nata da Insolazione & Desolazione, anzi di questa folle corsa a marcia indietro nella storia.

La retromarcia su Roma. Nell’anno in cui si dovrebbe parlare del comunismo, che nacque giusto cent’anni fa, il comunismo sembra archeologia e il fascismo sembra ancora in piedi, benché morto e sepolto molti decenni prima.

Se parliamo di violenze, vittime e totalitarismi, vorrei ricordare che il comunismo è la vera tragedia del Novecento: rispetto al fascismo sterminò e oppresse più popoli, fu più esteso nel tempo e tra i continenti, cominciò prima e finì molto dopo (lasciando vari eredi e residui tossici), compì i suoi massacri non in tempo di guerra ma di pace, fece vivere nel terrore, mise in ginocchio i popoli.

Il mostro del fascismo invece ha qualche dettaglio che non quadra: ebbe un consenso largo e popolare che non s’interruppe nemmeno con la sciagurata entrata in guerra; ebbe il sostegno dei più grandi scrittori e scienziati, artisti e poeti del suo tempo; ebbe l’ammirazione dei maggiori statisti del mondo.

E lasciò una tale quantità di opere, leggi e strutture che se volessimo davvero abbattere tutto quel che ricorda il fascismo, come auspica qualche sboldrinata, dovremmo spostare la capitale da Roma a Mosul o Palmira, tanta sarebbe la distruzione.

E lorsignori non capiscono che fino a quando lo dipingeranno come il Male Assoluto andranno sempre contro la verità, la storia e il buon senso comune. E accenderanno rivalse. Siate credibili e dite piuttosto che le grandi cose realizzate in quel tempo, e il vasto consenso popolare e internazionale, non possono valere né giustificare la guerra, le violenze, le persecuzioni.

E comunque si tratta di dare giudizi storici non condanne in tribunale.

Ma qual è la molla di questo fiorente mercatino del fascismo, e di queste riscoperte? In un’epoca in cui ogni trasgressione è lecita, si possono violare leggi e frontiere, si possono bestemmiare santi e genitori, si può fumare e bere ed esagerare in ogni campo, si può usare qualunque turpiloquio e compiere qualunque crimine sapendo che se t’arrestano i magistrati devono prima di tutto occuparsi che non ti torturino, alla fine l’unico tabù che resta, l’unica trasgressione, è dirsi fascisti, o peggio nazi.

E per un ragazzo il fascino del proibito scatta come una molla. Perciò io dico: voi che cercate come vietare il fascismo e punire chi lo cita siete i principali impresari del suo revival.

L’alibi su cui fondano queste campagne e queste assurde richieste di altre leggi repressive sul fascismo, con la legge Scelba e la legge Mancino già vigenti, è che il fascismo sta rinascendo, è un pericolo alle porte. Ho superato i sessant’anni e dall’età di quindici in cui mi sono affacciato alla politica ho sentito sempre, ciclicamente, ripetere che il fascismo è alle porte, sta rinascendo.

Lo aspettiamo da quasi mezzo secolo, ma Godot non si fa vedere. I tartari non arrivano. È lecito dire che state sparando cazzate al solo scopo di giustificare il vostro ruolo e dare una ragione residua alla vecchia, sfasciata sinistra?

L’antifascismo, poi, fu una cosa seria che merita ogni rispetto fino a che era vivo e al potere il fascismo. Giù il cappello a quei pochi eroici dissidenti che pagarono per il loro antifascismo un prezzo personale, esilio, carcere, confino, disoccupazione, più raramente morte (si parla di una dozzina di vittime in un ventennio, quante ne faceva in un giorno Stalin, ma anche Lenin, per non dire Mao).

Ma l’antifascismo a fascismo morto, e ora più di settant’anni dopo, ha qualcosa di malato, di falso, di impostura. Un conto è appellarsi alla libertà e alla Costituzione, e condannare ogni regime dispotico, un altro è professarsi ancora antifascisti militanti quando il fascismo non c’è più, salvo il mercatino dell’usato e altre minchiatelle in forma di gadget, di folclore e di battute.

Capisco il pugno di ferro se ci sono movimenti eversivi che vogliono instaurare una dittatura, nera, rossa o a strisce. Ma non capisco il pugno di mosche per questa caccia alle farfalle.

E che pena Renzi, il rottamatore, che si attacca ai rottami del fascismo e dell’antifascismo, e si accoda a questo vecchiume rancoroso, a queste leggi liberticide, a questi propositi assurdi di voler espiantare dall’Italia ogni traccia di fascismo. Che brutta fine da Pinocchio…

Andate al mare, magari non a Chioggia, più che produrre un’altra legge assurda. L’Italia piuttosto ha necessità di un’altra guerra di liberazione, antisfascista.

È lo sfascismo il male d’oggi: chi vuol spaccare e sfasciare una nazione, le istituzioni, le forze dell’ordine, le famiglie, la civiltà, a suon di leggi, sbarchi e ideologie. Smettete di tirar calci dopo settant’anni al corpo martoriato di Benito. Lo sfascismo è oggi il reato principale che distrugge l’Italia.

MV, Il Tempo 13 luglio 2017

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    Marcello Veneziani

    Giornalista, scrittore, filosofo

    Marcello Veneziani è nato a Bisceglie e vive tra Roma e Talamone. E’ autore di vari saggi di filosofia, letteratura e cultura politica. Tra questi, Amor fati e Anima e corpo, Ritorno a Sud, I Vinti, Vivere non basta e Dio Patria e famiglia (editi da Mondadori), Comunitari o Liberal e Di Padre in Figlio- Elogio della Tradizione (Laterza); poi Lettera agli italiani, Alla luce del mito, Imperdonabili, Nostalgia degli dei, La Leggenda di Fiore, La Cappa e l’ultimo suo saggio Scontenti (Marsilio).
    Ha dedicato libri alla Rivoluzione conservatrice e alla cultura della destra, a Dante e Gentile. Ha diretto e fondato riviste settimanali, ha scritto per vari quotidiani, attualmente è editorialista de La Verità e di Panorama.

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